Inquinamento atmosferico e vegetazione: svelata correlazione

E’ noto da tempo che gli alberi siano dei produttori di isoprene, una molecola presente nell’atmosfera e utilizzata dalle piante per proteggere le foglie dalle variazioni di temperatura e da eventuali danni. Già nel 2004 alcuni ricercatori rivelarono come l’isoprene risultasse coinvolto nella produzione di particolato, particelle molto piccole che possono depositarsi nei polmoni contribuendo all’insorgenza di patologie come il cancro e l’asma. Non solo. Queste microparticelle danneggerebbero anche altri tessuti, per non parlare dell’inquinamento ambientale.

Jason Surratt, assistente professore di scienze ambientali e ingegneria presso la Scuola Gillings, ha scoperto il meccanismo attraverso il quale l’isoprene contribuisce alla produzione di queste minuscole particelle, potenzialmente dannose per la salute. Lo studio mostra come l’isoprene, una volta alterato chimicamente dall’esposizione al sole, reagisce con gli ossidi di azoto prodotti dall’uomo per creare particolato. Gli ossidi di azoto sono gli inquinanti prodotti da automobili, camion, aerei, centrali a carbone e altre fonti di energia su larga scala.

Il risultato dello studio è stato pubblicato ad aprile negli Atti della National Academy of Sciences. “L’isoprene è prodotto per proteggere alberi e piante, ma a causa della presenza di ossidi di azoto, può avere effetti negativi sulla salute e sull’ambiente. Non possiamo certo abbattere tutti gli alberi”, sottolinea Surratt, “ma siamo in grado di lavorare per ridurre l’emissione di questa sostanza in modo da contrastare la produzione di polveri sottili.”

Ora che si conosce con precisione il ruolo svolto da questa sostanza, i ricercatori possono inserirlo come parametro nei modelli che studiano la qualità dell’aria. In questo modo sarà possibile avere una migliore previsione sull’inquinamento atmosferico e sugli effetti potenziali sul clima terrestre. “Trattandosi di un fenomeno naturale, dobbiamo sempre considerare che le nostre azioni hanno delle ripercussioni”, ha concluso Surratt.

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