Le dodici fatiche di Ercole

interpretazioni personali

Ercole, Eracle in greco, il cui nome di nascita era Palemone, è stato il più grande eroe della

Grecia antica.

Figlio del dio Giove e dell’umana Alcmena, godeva fin dalla nascita di natura divina ed umana insieme.

Gli dei dell’Olimpo ad un certo punto della sua vita, lo fecero impazzire.

Così Palemone durante la sua pazzia, uccise tutti i suoi figli.

Recuperata in seguito la ragione, Palemone si chiuse per dei giorni in una camera buia lontano

dagli uomini. In seguito dopo essersi purificato, si recò dall’Oracolo di Delfi e chiese alla sacerdotessa cosa dovesse fare per espiare le proprie colpe. La Pizia gli vaticinò di andare

da Euristeo re della città di Tirinto, di rimanere al suo servizio per dodici anni e di compiere

tutte le fatiche che il re ritenesse di imporgli.

Come compenso per le prove, gli dei avrebbero concesso a Palemone l’immortalità.

Prima di separarsi da lui, la sacerdotessa gli mutò il nome da Palemone in Eracle.

Così Eracle raggiunta la reggia del re, si sottopose alle fatiche che Euristeo scelse per lui.

Quello di Ercole è un percorso iniziatico. Come il sole che “visita” sulla sfera celeste i dodici segni zodiacali completando il circolo dell’eclittica, così Ercole con le dodici fatiche compie un percorso ascetico completo distaccandosi progressivamente dalla propria natura umana ed acquisendo

stati superiori dell’essere.

La prima fatica: il leone Nemeo

Vicino la città di Nemea c’era un leone che compiva stragi di uomini. Ercole raggiunge la sua grotta

e lo affronta prima scagliando frecce rivelatesi inefficaci poi usando la clava che si spezza, infine

a mani nude riescendo a soffocarlo.

Scuoia il leone, con la sua pelle si fa il vestito e con il suo cranio il proprio elmo.

Gli studiosi vedono nella lotta con il leone gli antichi combattimenti rituali dei re con vari animali sacri, prima di cingere la corona. Si concorda in pieno con questa interpretazione.

Qui il superamento della fatica indica la vittoria dell’eroe sulle proprie passioni fisiche.

La seconda fatica: l’idra di Lerna

La zona di Lerna sorgeva vicino al mare non lontana dalla città di Argo.

Questo territorio era terrorizzato dall’idra, enorme serpente acquatico con molte teste.

Ercole affronta la bestia e le taglia tante teste che ricrescono però prontamente.

Aiutato da un umano che cauterizza col fuoco i tronconi delle teste tagliate impedendogli così

di ricrescere, Ercole riesce finalmente a tagliare la testa immortale del mostro, uccidendolo.

Questa fatica rappresenta la vittoria su un mostro acquatico dove le acque rappresentano allegoricamente il divenire, il fluire del mondo.

La terza fatica: la cerva di Cerinea

Era questa tra le cinque, la cerva sfuggita alla cattura della dea Artemide.

La cerva si era rifugiata sulla collina di Cerinea. Aveva dimensioni gigantesche e zoccoli di bronzo.

Ercole insegue la cerva per un anno spingendosi a nord fina alla terra degli Iperoborei.

Quando la cerva si ferma esausta per riposarsi, Ercole le trafigge le zampe anteriori con una freccia passando tra ossa e tendini. Si carica poi la cerva sulle spalle e la porta nella città di Micene.

In seguito su intercessione di Artemide, la cerva viene liberata.

Gli studiosi vedono nella caccia alla cerva, la faticosa ricerca della saggezza da parte del nostro

eroe durante il suo percorso iniziatico. Si concorda in pieno con questa interpretazione.

Ercole andando fino alla terra degli Iperborei a nord, si riappropria della tradizione e della saggezza archetipa del popolo greco, sceso dal nord Europa in Grecia durante il 2° millennio a.C..

La quarta fatica: il cinghiale Erimanzio

Questo cinghiale di dimensioni enormi infestava le pendici del monte Erimanto

vicino la città di Psofide.

Ercole stana l’animale e lo cattura vivo. Lo carica poi sulle spalle e lo porta a Micene.

Momentaneamente Ercole abbandona le proprie fatiche e si unisce al gruppo degli Argonauti

in partenza per la ricerca del Vello d’oro.

Il cinghiale nel mondo greco era sacro alla luna per le sue zanne ricurve.

Questo animale presso i Celti e presso gli Indeuropei cui le popolazioni greche appartenevano

per razza, rappresentava simbolicamente il potere spirituale, quello della casta sacerdotale.

Vincere il cinghiale significa quindi partecipare delle conoscenze e dei segreti di questa casta

che Ercole però travalica e supera nel suo percorso iniziatico.

Lasciare la città di Micene, imbarcarsi in nave con gli Argonauti alla ricerca del Vello e tornare

poi in Grecia per continuare le proprie fatiche, significa che l’uomo il suo cammino spirituale

può anche interromperlo per dedicarsi a cose terrene, riprendendolo poi assolti questi obblighi.

La quinta fatica: le stalle di Augia

Le immense stalle del re Augia non erano ripulite dal letame da tanti anni.

Lo sterco di vacche, pecore, tori e stalloni rendeva inoltre sterili i campi circostanti.

Ercole per pulire le stalle ed i campi devia il corso di due fiumi.

Ercole deviando il corso dei fiumi vince le correnti delle acque che simboleggiano il divenire

del mondo ed elimina lo sterco che rappresenta gli elementi materiali del mondo.

La sesta fatica: gli uccelli Stìnfali

Terribili uccelli infestavano la palude stìnfala in Arcadia.

Questi uccelli avevano le dimensioni delle gru ed avevano becchi ed artigli di bronzo.

Uccidevano anche gli uomini, cibandosi di brani del loro corpo.

Atena allora regala ad Ercole delle nacchere di bronzo con le quali lui fa rumore spaventando

gli uccelli e facendoli alzare in volo. Prontamente l’eroe con le frecce ne abbatte a decine.

I pochi uccelli rimasti fuggono via.

Tutte le tradizioni antiche parlano di un linguaggio misterioso degli uccelli.

Vincere gli uccelli significa allegoricamente capire questo linguaggio, cosa che in tutte

queste tradizioni è prerogativa di alta iniziazione.

Ercole partecipando quindi di questo linguaggio, avanza verso gradi sempre più alti nel suo cammino d’ascesi.

La settima fatica: il toro cretese

Ercole devette andare a Creta dove un mostruoso toro che sputava fiamme dalle narici, devastava

i domini del re Minosse. Ercole cattura la belva e la porta in Grecia dal re Euristeo.

Dopo varie peripezie il toro viene sacrificato.

Gli studiosi riferiscono che il combattimento contro i tori rappresentava una prova da superare

per il candidato al trono. Si concorda in pieno con questa interpretazione.

Qui Ercole non concorre però per un trono storico ma spirituale.

Grande importanza hanno avuto infatti in epoca storica i giochi coi tori nel bacino del Mediterraneo, a Creta, in Spagna, nella Francia del sud.

L’ottava fatica: Le cavalle di Diomede

Il re tracio Diomede teneva nella sua stalla quattro cavalle selvagge legate con catene di ferro

e che mangiavano in greppie di bronzo dove il re buttava loro in pasto pezzi di carne dei propri ospiti dopo averli uccisi.

Ercole uccide Diomede e butta il suo corpo alle cavalle che lo divorano.

Poi fa uscire le cavalle dalla stalla e le doma facilmente.

Domando le cavalle, Ercole vince i propri sensi fisici progredendo in questo modo nel proprio cammino spirituale.

La nona fatica: la cintura di Ippolita

Ippolita era una delle tre regine delle Amazzoni che vivevano sulle rive del Mar Nero.

Giunto nella città di Ippolita, Ercole attaccato dalle Amazzoni uccide la loro regina sfilandole

la cintura.

Le Amazzoni erano delle sacerdotesse guerriere che praticavano culti iniziatici femminili.

Portare via la cintura ad una loro regina, significa partecipare dei segreti e delle conoscenze

di queste sacerdotesse che vengono poi superati all’interno di un percorso iniziatico maschile.

La decima fatica: i buoi di Gerione

Gerione era re di Tartesso in Spagna. Questo re era geloso della propria mandria ed era considerato l’uomo più forte del mondo avendo tre teste, sei braccia e tre busti che partivano dalla vita.

Ercole uccide Gerione trapassandogli tutti i tre corpi con una sola freccia.

Impossessatosi della mandria, Ercole prima di lasciare la Spagna pianta due colonne nel punto

più avanzato del suo cammino, le Colonne d’Ercole, limite geografico invalicabile per gli uomini.

Porta poi i buoi in Italia e dopo varie peregrinazioni in Sicilia.

Nella Grecia arcaica le donne per averle come spose, ancelle o schiave venivano valutate a capi

di bestiame.

In alcune parti dell’Africa le donne vengono ancor’oggi acquistate barattandole con cammelli

o con capi di bestiame.

Razziando queste mandrie e facendole sue, Ercole supera simbolicamente l’attaccamento

al femminile e quindi alle passioni, alle cose del mondo.

L’undicesima fatica: i pomi delle Esperidi

Questi frutti erano appesi ad un melo che era piantato in un giardino sulle pendici del monte Atlante. Guardiane di questi frutti erano le Esperidi, figlie di Atlante.

Quando Ercole giunge nel giardino, su consiglio delle divinità chiede ad Atlante di raccogliere direttamente lui i pomi. In cambio Ercole lo avrebbe sostituito per il tempo necessario nel reggere

la volta celeste. Atlante raccoglie tre mele e le porta ad Ercole che con uno stratagemma ripassa

il globo celeste ad Atlante.

Ercole si allontana coi pomi che passati di mano in mano arrivano poi agli dei dell’Olimpo.

Impossessarsi dei pomi, significa raggiungere i gradi più alti della conoscenza, dell’iniziazione.

La dodicesima fatica: la cattura di Cerbero

L’ultima fatica prevede la discesa agli inferi, il Tartaro. Per prepararsi a questa impresa Ercole deve essere iniziato ai Piccoli ed ai Grandi Misteri Eleusini. Raggiunto così il livello iniziatico più alto, Ercole scende lungo l’orrido baratro. Caronte impaurito dal cipiglio dell’eroe, lo traghetta subito

al di la dello Stige dove Ercole incontra Ade e Persefone, signori degli Inferi.

L’eroe chiede ad Ade dove poter trovare Cerbero, custode del Tartaro.

Ercole affronta allora il terribile cane a tre teste, vincendolo e portandolo in superficie.

Con l’ultima fatica, la discesa agli Inferi e la vittoria su Cerbero custode del Tartaro,

Ercole raggiunge il livello più alto del suo percorso iniziatico, concludendolo.

Si distacca così dalla sua natura umana raggiungendo una dimensione superiore che tende al divino.

I miti greci – Robert Graves – Ed. Longanesi

Gaetano Dini – Rimini, mattina del 21.09, pomeriggio del 22.09, mattina del 23.09.2015

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