Almanacco del Giorno 9 Ottobre

9 Ottobre 2013

è ’ il 279° giorno dall’inizio dell’anno 2013.  Mancano 86 giorni per la fine del 2013

Proverbio del Giorno

Il dente mente, la calvizia inganna, ma le rughe non lasciano dubbi
La LUNA – Leva: 12:03, Cala: 21:49 – Luna crescente

ora solare
Percorso del sole - grafico polare azimut elevazione

Si festeggia

Sant’ Abramo Patriarca d’Israele   Ur dei Caldei – Canaan, XIX secolo a.C.

Padre di tutti i credenti, così è chiamato Abramo patriarca del Vecchio Testamento e che rappresentò l’umanità nella grande alleanza che Dio propose.
Con la vicenda di Abramo, inizia la storia dei Patriarchi d’Israele, che va dal XIX al XVII secolo a.C., raccontata dal capitolo 12 al capitolo 50 nel primo libro della Bibbia, la Genesi.
Egli era discendente di Sem, uno dei tre figli di Noé e dimorava con il padre Terah e con tutta la famiglia ad Ur dei Caldei, antichissima città della Bassa Mesopotamia (attuale Iraq).
Terah poi con Abramo e sua moglie Sara e con il nipote Lot, lasciò Ur per emigrare nella terra di Canaan, arrivarono fino ad Harran (Carran) stabilendosi lì per lungo tempo, fino alla morte di Terah che visse 205 anni. Qui avvenne il fatto umanamente inspiegabile, Dio irrompe nella vita ordinaria di Abramo e gli parla chiamandolo ad una missione tanto grande quanto misteriosa: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno, maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”.
Abramo risponde con la fede; sarà poi sempre l’uomo della fede, il primo e il modello dei credenti e in quanto tale è padre di ogni credente, non soltanto della comunità ebraica, cristiana ed islamica, ma anche di tutti gli esseri umani, in cammino alla ricerca di Dio.
A 75 anni prese con sé la moglie Sara e il nipote Lot, figlio del defunto fratello Aran e si sposta alla maniera dei nomadi, con tutto il bestiame ed i servitori, lungo la regione montuosa della Palestina, toccando e soggiornando in vari luoghi, a Mamre nei pressi di Hebron, Canaan, Sichen, Bersabea nel Negheb, per un breve tempo a causa di una carestia, anche in Egitto; stabilendosi definitivamente nella steppa meridionale del Negheb.
In seguito a contrasti sorti fra i mandriani di Abramo e quelli di Lot che pure aveva grosse mandrie e greggi, per il poco spazio disponibile, Abramo e Lot si divisero; Lot si diresse allora verso la rigogliosa valle del Giordano, piantando le tende vicino a Sodoma, Abramo rimase nella terra di Canaan.
In quel tempo vi fu una scorreria al di là del Giordano e a sud della Palestina, di una spedizione di re orientali provenienti dall’est di Babilonia, i quali combattendo e vincendo i piccoli re della Pentapoli (Sodoma, Gomorra, Adma, Sebain, Soar) presero bottino e cittadini prigionieri, compreso Lot con i suoi beni.
Abramo avvertito di ciò, intervenne con i suoi uomini più esperti nelle armi e piombando di notte sugli invasori li sconfisse, liberò Lot e gli altri prigionieri, recuperando i beni, inseguendoli fino oltre Damasco.
Del bottino fatto, Abramo offrì una decima a Melchisedech, sacerdote dell’Altissimo e re di Shalem, che gli era venuto incontro benedicendolo e Dio gli confermò la promessa di dare il paese di Canaan ai suoi discendenti. Intanto la moglie Sara essendo sterile e vecchia, per dargli un figlio, cedette al marito la schiava Agar da cui nacque Ismaele; Dio rinnovò il patto con Abramo che aveva 99 anni, promettendogli grandi ricompense, allora lui disse, “Cosa mi darai? Vedi che a me non hai dato discendenza e che un mio domestico sarà mio erede” e Dio a lui “non costui sarà il tuo erede, ma colui che sarà generato da te sarà il tuo erede, guarda in cielo e conta le stelle, tale sarà la tua discendenza” e poi mediante un sacrificio di animali, come era uso fra gli ebrei, Dio suggellò la sua Alleanza con Abramo, sancita con la circoncisione di Abramo, di Ismaele e di tutti i maschi del gruppo, da perpetuarsi con ogni bimbo nato in seguito.
Dio apparve ancora ad Abramo alla Quercia di Mamre sotto le sembianze di tre uomini, ai quali lui offrì cibo, bevande e ospitalità; i tre gli predissero che Sara avrebbe avuto un figlio da lì ad un anno, benché molto vecchia, poi dissero di essere diretti a distruggere le città di Sodoma e Gomorra per i peccati dei loro abitanti.
Abramo intercesse più volte per loro, affinché venissero risparmiati in virtù dei buoni presenti fra essi; gli angeli, perché di angeli si trattava, concessero che anche per solo dieci giusti, essi avrebbero risparmiato le città. Ma non si trovarono, il solo Lot e sua moglie furono risparmiati; le città sotto una pioggia di fuoco e zolfo, bruciarono con tutti gli abitanti, mentre Lot e la moglie fuggivano, quest’ultima benché avvertita di non farlo, si voltò a guardare l’incendio e si tramutò in una statua di sale.
Più tardi nacque Isacco e Sara fece allontanare la schiava Agar con il figlio Ismaele, con grande dolore del patriarca, al quale però il Signore promise anche per Ismaele una grande discendenza. A questo punto si arriva al momento più drammatico della vita di Abramo, ma anche più rivelatore della sua grande fiducia in Dio; il Signore volle metterlo ancora alla prova, lo chiamò quando Isacco era già fanciullo e gli disse di portarlo sul monte nel territorio di Moria e di sacrificarlo, come si usava per i sacrifici di animali offerti a Dio.
Nonostante il dolore provato per questa richiesta di sacrificare quell’unico figlio, nato così prodigiosamente nella tarda vecchiaia e che secondo le promesse di Dio, avrebbe assicurato la sua discendenza, Abramo obbedì, ma quando stava per portare a compimento con il coltello, l’uccisione del figlioletto, un angelo apparso lo fermò dicendo: “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato il tuo unico figliuolo”.
Alzando gli occhi poi Abramo vide un ariete impigliato con le corna fra i rami di un arbusto e presolo, insieme ad Isacco, lo sacrificarono sull’altare improvvisato prima. Dio tramite l’angelo gli promise, per questa ubbidienza alla Sua volontà, anche quando tutto veniva rimesso in questione, ogni benedizione, la moltiplicazione della discendenza come la sabbia delle spiagge e le stelle nel cielo e saranno benedette tutte le Nazioni della terra.
Morta Sara a 127 anni, Abramo mandò il servo Eliezer in Mesopotamia a cercare una moglie per il figlio Isacco, il quale ritornò con Rebecca della stessa famiglia di Abramo. Il patriarca poi sposò Ketura, dalla quale ebbe sei figli, Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach.
Morì a 175 anni nella terra di Canaan, lasciando erede universale Isacco e un appannaggio agli altri figli. Alla sua genealogia si riallacciano gli Ebrei attraverso Isacco, vissuto 180 anni e gli arabi attraverso Ismaele, che visse 137 anni; la sua importanza per gli ebrei crebbe sempre più, venendo considerato il progenitore e l’uomo del primo patto con Dio; in tutta la tradizione che seguirà, il Signore è spesso chiamato il “Dio di Abramo”.
Il drammatico episodio del sacrificio di Isacco, in cui Dio manifesta di non gradire i sacrifici umani, è stato in ogni tempo raffigurato nelle opere dei più grandi artisti.
La Chiesa Cattolica ricorda Abramo, padre di tutti credenti, al 9 ottobre.

Nati oggi
1940 – John Lennon (72 anni fa): Icona culturale senza tempo e figura simbolo dei movimenti giovanili pacifisti nel mondo, John Lennon resta uno dei mostri sacri della storia della musica, di cui scrisse una pagina fondamentale

1973 – Caparezza (39 anni fa): Pugliese doc, di Molfetta (nel barese), è famoso come cantautore e rapper, tra i più apprezzati della sua generazione. Registrato all’anagrafe come Michele Salvemini

1986 – Laure Manaudou (26 anni fa): Nata a Villeurbanne (Francia), è un’ex campionessa di nuoto francese. La sua carriera è iniziata con gli Europei del 2004 a Madrid dove ha vinto tre ori.

Accadde oggi

1960 – Primo romanzo di Sciascia (52 anni fa): «Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà».

Così il padrino don Mariano si rivolge al capitano Bellodi nel passaggio chiave de Il giorno della civetta, romanzo d’esordio dello scrittore e giornalista Leonardo Sciascia, pubblicato in anteprima sulla Rivista “Mondo Nuovo”. In esso viene ripreso in forma romanzata un fatto vero: l’omicidio di un sindacalista comunista avvenuto a Sciacca nel 1947.

Per la prima volta la mafia entra nella letteratura ma come fenomeno da denunciare in tutta la sua spietatezza e per il grado di complicità del potere politico e di omertà della gente, di cui beneficia nel controllare interi territori.

E’ un punto di svolta perché fino a quel momento “cosa nostra” veniva rappresentata con toni quasi epici che finivano per mitizzare, piuttosto che condannare, i suoi padrini e affiliati. Parallelamente, la politica tendeva a negare l’esistenza del fenomeno o quantomeno a ridimensionarlo di molto.

Sciascia proseguirà su questo filone giallo-poliziesco, pubblicando un secondo romanzo nel 1966 con il titolo A ciascuno il suo, cui ne seguiranno altri, molti dei quali tradotti in opere cinematografiche.

Al primo romanzo s’ispirerà il regista Damiano Damiani per il film omonimo del 1968, interpretato da Franco Nero e Claudia Cardinale.

1963 Disastro del Vajont: E’ un tranquillo mercoledì autunnale a Longarone, piccolo centro della valle del Vajont (nel bellunese), con tutti gli abitanti raccolti nelle case e nei bar davanti alla tv, per il match di Coppa dei Campioni tra il grande Real Madrid di Puskas e Di Stefano e gli scozzesi del Glasgow Rangers.

Passate le 22 succede qualcosa 200 metri più su che mette in allarme il guardiano della diga: un pezzo del Monte Toc sta franando, ma nessuna comunicazione arriva a valle. Le lancette segnano un quarto alle 23 e un sordo boato scuote la tranquillità dei longaronesi. In pochi attimi una fiumana di fango e detriti si abbatte sui centri abitati di Longarone, Erto e Casso cancellandoli e trascinando corpi e cose per decine di metri.

Duemila le vittime di quella che nei giorni successivi si profilerà come una tragedia annunciata, fatta di dati occultati, perizie abbandonate nei cassetti, voci e denunce di giornalisti e cittadini colpevolmente ignorate.

La diga costruita alla fine degli anni Cinquanta dalla SADE, uno dei colossi elettrici più potenti e influenti dell’epoca, si era rivelata un progetto folle fin dai rilievi effettuati prima dell’inizio dei lavori. Tuttavia che quel terreno fosse franoso i contadini della valle lo sapevano da sempre.

Emblematico il caso di una perizia in cui veniva simulato l’effetto di una frana sulla diga: non era mai arrivata al Ministero dei Lavori Pubblici e l’autore, Lorenzo Rizzato dell’istituto d’idraulica di Padova, la recupererà dal cassetto il giorno dopo la tragedia, consegnandola alla stampa.

Il processo farà emergere la triste verità di omissioni e complicità tra impresa, funzionari pubblici e periti, concludendosi con la condanna a 21 anni di galera per tutti gli imputati (uno si suiciderà prima del verdetto). Alla tragedia saranno dedicati due film nel 1997 e nel 2001.

Riccardo per apecchio.net

 

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