Il Ducato di Urbino racchiuso nel paesaggio della “Gioconda”, un volume svela il mistero


Pesaro (PU) – Il misterioso paesaggio alle spalle della “Gioconda” di Leonardo da Vinci è quello dell’antico Ducato di Urbino e del Montefeltro. E’ quanto sostengono la pittrice e fotografa di paesaggi Rosetta Borchia e la docente di Geografia fisica all’Università di Urbino Olivia Nesci, che dopo quattro anni di ricerche hanno dato alle stampe il risultato del loro lavoro scientifico: “Codice P: Atlante illustrato del reale paesaggio della Gioconda”, pubblicato da Mondadori Electa. A svelare tutti gli elementi che hanno portato a questa scoperta saranno le stesse autrici, domenica 16 dicembre, alle ore 17, all’Hotel Excelsior di Pesaro (viale Nazario Sauro 30/34), in un incontro promosso dallo stesso Hotel Excelsior e dalla Provincia di Pesaro e Urbino, a cui parteciperanno il presidente di Eden Viaggi Nardo Filippetti, il presidente della Provincia Matteo Ricci e l’assessore al Turismo della Provincia di Rimini Fabio Galli.

Note come “cacciatrici di paesaggi”, Olivia Nesci e Rosetta Borchia già nel 2007 avevano scoperto nel Montefeltro sette paesaggi riconducibili alle opere pittoriche di Piero della Francesca. Contemporaneamente a queste ricerche, lo storico Roberto Zapperi aveva ritrovato, nel 2009, la vera identità della Gioconda, già dichiarata fin dagli anni ’50 dai più grandi storici di Leonardo (Chastel, Pedretti, Perrig).

La donna ritratta, come confermano le due ricercatrici, è Pacifica Brandani, dama alla corte di Urbino, amante di Giuliano de’ Medici, morta dando alla luce il figlio avuto da Giuliano. Alle sue spalle, una veduta aerea estesissima sull’antico Ducato di Urbino vista dalle alture della Valmarecchia, oggi territorio appartenente a Marche, Emilia Romagna e in parte Toscana. Mai le due ricercatrici avevano pensato di cercare lo sfondo della Gioconda. Al contrario, amano dire: “è Pacifica che ci ha cercato, che ci è venuta incontro”. Per entrare in quel paesaggio ed identificarlo, occorreva trovare la chiave con cui Leonardo l’aveva secretato. “Questa chiave – spiegano Borchia e Nesci – si chiama ‘compressione’, una tecnica di rappresentazione prospettica che coglie e sintetizza la bellezza. Dunque un nuovo paradigma del paesaggio, esperimento sulla realtà che assume un significato innovativo”.

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